LA PRIMA COMUNICAZIONE DEL BAMBINO ALLA NASCITA É VER¬BALE: IL PIANTO, CHE INDICA IL SUO PRIMO RESPIRO E L'INIZIO DELLA RELAZIONE CON L'ESTERNO».
Per il bambino piangere resterà per molto tempo uno dei modi principali di segnalare i propri bisogni. Tutto il resto della comunicazione è non verbale. I muscoli, sebbene in modo ancora grezzo, contraendosi segnalano la paura e la fame, mentre rilasciandosi esprimono l'appagamento e la tranquillità.
Con questi strumenti - pianto e movimenti - il bimbo si avventura nel mondo cercando di farsi capire innanzitutto dalla madre che presto impara a riconoscere sia il linguaggio stereotipato, tipico di tutti i piccoli, sia quello peculiare di suo figlio: sfumature impercettibili agli altri ma di enorme importanza per l'accudimento. I segnali del corpo«IL BAMBINO PICCOLO COMUNICA ANCHE CON IL CORPO, CON UN' INTENSITÀ CHE NON AVRÀ UGUALI PER IL RESTO DELLA VITA».Il bambino molto piccolo non solo ha pochi mezzi per segnalare le sue esigenze, ma ha anche pochissimi stru¬menti psicologici per elaborare e comprendere ciò che avviene dentro e intorno a sè. Non può cioè pensare o dire: «Sono depresso» o «Non sopporto questa tensione» o «Voglio più abbracci»... Questo vissuto trova allora la via per esprimersi attraverso il corpo, con un'intensità naturale e "quotidiana" che non avrà uguali nel resto della vita. E lo fa attraverso la produzione di sintomi capaci di manifestare ciò che il piccolo ha da dire. Sono sintomi spesso transitori e non patologici - o comunque non gravi - che sono l'equivalente somatico di parole, bisogni e stati d'animo. Ne sono esempi eclatanti la crosta lattea, che segnala il bisogno di una maggiore protezione; le dermatiti, che indicano eccesso o carenza di cure amorevoli; le bronchiti ricorrenti, che manifestano I'awersione per tensioni familiari o ambienti percepiti come non sicuri.
Per il bambino piangere resterà per molto tempo uno dei modi principali di segnalare i propri bisogni. Tutto il resto della comunicazione è non verbale. I muscoli, sebbene in modo ancora grezzo, contraendosi segnalano la paura e la fame, mentre rilasciandosi esprimono l'appagamento e la tranquillità.
Con questi strumenti - pianto e movimenti - il bimbo si avventura nel mondo cercando di farsi capire innanzitutto dalla madre che presto impara a riconoscere sia il linguaggio stereotipato, tipico di tutti i piccoli, sia quello peculiare di suo figlio: sfumature impercettibili agli altri ma di enorme importanza per l'accudimento. I segnali del corpo«IL BAMBINO PICCOLO COMUNICA ANCHE CON IL CORPO, CON UN' INTENSITÀ CHE NON AVRÀ UGUALI PER IL RESTO DELLA VITA».Il bambino molto piccolo non solo ha pochi mezzi per segnalare le sue esigenze, ma ha anche pochissimi stru¬menti psicologici per elaborare e comprendere ciò che avviene dentro e intorno a sè. Non può cioè pensare o dire: «Sono depresso» o «Non sopporto questa tensione» o «Voglio più abbracci»... Questo vissuto trova allora la via per esprimersi attraverso il corpo, con un'intensità naturale e "quotidiana" che non avrà uguali nel resto della vita. E lo fa attraverso la produzione di sintomi capaci di manifestare ciò che il piccolo ha da dire. Sono sintomi spesso transitori e non patologici - o comunque non gravi - che sono l'equivalente somatico di parole, bisogni e stati d'animo. Ne sono esempi eclatanti la crosta lattea, che segnala il bisogno di una maggiore protezione; le dermatiti, che indicano eccesso o carenza di cure amorevoli; le bronchiti ricorrenti, che manifestano I'awersione per tensioni familiari o ambienti percepiti come non sicuri.
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